giovedì 29 ottobre 2009

VERGOGNA ITALIANA

Capita spesso, purtroppo, di vedere bagarre nelle aule del nostro Parlamento. La civiltà oggi è un pregio che hanno in pochi; la dignità, poi, è praticamente sparita.
E' notizia di oggi che è in atto un nuovo scontro tra i nostri politici, più esattamente tra chi siede in Senato e quelli della Camera. Il guaio è che non discutono dei problemi del paese o di leggi ( ci sentiremmo fortunati se litigassero almeno per questioni ideologiche: come mi mancano i duelli fascisti/comunisti!).
No, loro litigano sui benefici! Si decide di tagliare le spese? Apriti cielo! Gli ex senatori, colpiti dal taglio di ALCUNI privilegi, si ribellano e chiedono perchè non sia stato fatto altrettanto alla Camera -questo ce lo chiediamo anche noi, a dire la verità-, perchè loro sono "discriminati".
Discriminati? ma se sono stati pagati lautamente per il lavoro (?) che hanno fatto!!
Ma dove esiste un altro lavoro dove continuano a pagarti anche quando non fai più niente?
Già non sono ovvi tutti i benefit che hanno durante la legislatura- perchè mi devono spiegare cosa c'entra il rimborso per il parrucchiere con la funzione di parlamentare- ma avere la faccia tosta di pretendere quegli stessi privilegi una volta che si è lasciata la vita pubblica è davvero cosa dell'altro mondo.
In sostanza il taglio consiste nel ridurre "a 291 la platea degli ex beneficiari del pedaggio gratuito autostradale, di voli e biglietti ferroviari finora concessi ai tutti i 1.058. Ma soprattutto di ridurre al minime il carnet per ciascuno di loro, azzerando del tutto il Telepass. Tutte voci che ad oggi hanno comportato una spesa di 1,7 milioni" (La Repubblica).

Se facciamo due conti, il taglio prevede che ogni EX senatore rinunci a circa 2000 euro (2 mila) all'anno. Cioè più o meno la cifra che una buona parte della popolazione italiana ha a disposizione mensilmente per mantenere una famiglia.
In effetti, poverini...davvero troppa ingiustizia.

mercoledì 21 ottobre 2009

"Dipende? da che dipende? da che punto guardi il mondo tutto dipende" cantava Jarabe De Palo in una canzone di qualche anno fa. E non si può dargli torto: ognuno di noi ha le sue opinioni, il suo modo di affrontare le situazioni e di reagire alla vita. Ognuno ha una sorta di griglia all'interno della quale classifica ed elabora le informazioni; in psicologia si chiamano "schemi mentali" e ci differenziano gli uni dagli altri. Sono la causa delle differenze di percezione della realtà, ma anche delle paure umane.
Però non esageriamo, ci sono individui che passano il limite della decenza e sparano cavolate a raffica. E oltretutto le dicono come se fossero vere, come se fossero ovvie. E noi altri scemi che gli diamo torto. Un esempio?
Con la scusa della mancanza di spazio e di problemi di bilancio il sindaco leghista di Musile di Piave (Venezia) ha fatto togliere dalla bilioteca comunale La Repubblica e Il Manifesto (sottolineando però che esiste una postazione internet a cui si può accedere per consultarne le edizioni online. Ah beh, allora. Tutto risolto).
Per gli stessi motivi di bilancio e di spazio ha però aggiunto quotidiani come Il Giornale e La Padania.
Ora: mi sfugge qualcosa sulla coerenza, ma certamente è un problema mio. Perchè il sindaco, che è sicuramente una persona a modo, non cercherebbe mai di far passare i suoi concittadini per stupidi. Ma allora questa affermazione che significa?
"abbiamo deciso di privilegiare i giornali locali, Gazzettino e Nuova Venezia, di tenere un solo quotidiano nazionale, il Corriere, uno economico e uno sportivo. E poiché non avevamo la possibilità di aggiungere quotidiani come il Giornale o la Padania, abbiamo tolto quelli collegati ad associazioni o orientati politicamente e quindi il manifesto, dichiaratamente comunista e Repubblica che è comunque orientata a sinistra"
ha perfettamente ragione quando dice che quelli del Manifesto sono dei comunisti. E anche che quelli de La Repubblica sono di sinistra. Ma La Padania? non è orientata politicamente? cos'è, vuole togliere il giornale alla Lega? Ma come si permette! Ha chiesto il permesso a Bossi?

giovedì 15 ottobre 2009

VOGLIO ANDARE A VIVERE IN FINLANDIA...OH OH

La Finlandia ha deciso che la banda larga è un diritto di ogni cittadino, e per questo il governo si impegna a fornire a tutti di una connessione veloce.
Anche in Italia dovrebbe essere così, tanto più che ormai il web è l'unica fonte di informazioni indipendente. Anche noi vogliamo la banda larga, ci meritiamo di poterci sottrarre all'omologazione e alla bassezza delle tv nostrane. Che siamo, individui di serie B?

"Come riportato dall’emittente nazionale Yle, a partire dal luglio 2010 tutti i cittadini avranno a disposizione almeno 1Mbps per le loro connessioni al web, ma i programmi del ministero delle comunicazioni di Helsinki sono ancora più ambiziosi: entro il 2015 la velocità di trasmissione dati raggiungerà i 100Mbps. È la prima volta che la banda larga – e presto quella larghissima – diventa un diritto sancito dalla legge" (Corriere della Sera)

lunedì 12 ottobre 2009

QUASI QUASI SIAMO PARENTI...

E' bello raccontare di storie di successo e sapere che da qualche parte nel mondo la bravura rende onore a un piccolo pezzo della tua città.
E questa è la storia di un pezzo di Cantù, protagonista un figlio di emigranti nel Jew Jersey, raccontata dai palazzi diManhattan. Un italiano dal nome a me così familiare che dirige il NYT Magazine. Una soddisfazione, lo ammetto.
Lo hanno intervistato quelli de La Provincia.


Al telefono la voce di Gerald Marzorati suona profondamente americana. L’accento è quello della costa est, di New York e del New Jersey, i luoghi dove è nato e cresciuto. E dove ha fatto carriera. «Tutti mi chiamano Gerry, Gerald è troppo lungo». Mister Marzorati parla dal suo studio di Manhattan, da uno dei piani alti del grattacielo sede del New York Times, il più autorevole quotidiano del mondo. Dal 2003 è il direttore del New York Times Magazine, considerato da molti il miglior supplemento settimanale americano. Per farsi un’idea di quanto il New York Times - e il relativo supplemento - facciano notizia negli Usa, basti dire che la diffusione media è di 1 milione 665 mila copie. I suoi giornalisti sono grandi firme e, solo nel 2009, il giornale ha ottenuto cinque premi Pulitzer (complessivamente 101 dal 1917 ad oggi). L’editorialista Paul Krugman, invece, è stato insignito nel 2008 del Premio Nobel per l’economia.
Direttore Marzorati, quali sono i suoi legami con l’Italia?
Negli anni ’70 ho messo per la prima volta piede in Italia. I miei nonni erano emigrati nel 1912, credo, ma io non c’ero mai stato. Per noi americani figli o nipoti di immigranti tornare sulle tracce delle proprie radici è una specie di rituale.
Da dove venivano i suoi familiari?
Da Cantù, ma parte della nostra famiglia viveva a Como. Mio nonno credo si potesse definire un "comunista", ma in Italia non aveva avuto molta fortuna. Così decise di andare alla scoperta dell’America. Non credo che se ne siano andati perché erano stanchi dell’Italia, ma perché il loro Paese non aveva più niente da offrirgli, economicamente parlando.
Cosa le hanno raccontato dei loro primi anni negli Stati Uniti?
Le storie di quel primo periodo della nostra vita americana sono a metà tra la realtà e la fantasia - racconta Marzorati -. Il nonno non aveva abbandonato la sua vena utopistica e, durante i primi anni a Hoboken, in New Jersey, cercò di fondare una specie di cooperativa. Aveva costruito un piccolo setificio nel garage di casa e aveva cercato di avviare l’attività. Direi che non ha avuto molta fortuna, alla fine si mise a vendere vendura su uno di quei camioncini che stanno a lato della strada.
Integrarsi fu difficile?
Io non ero ancora nato, ma non dev’essere stato facile. Ricordo che quando ero bambino i vicini ci guardavano come se fossimo pazzi. In New Jersey la comunità italiana era una delle più numerose degli Stati Uniti, ma quasi tutti venivano dal sud Italia. I lombardi emigrati in cerca di fortuna erano pochi ed erano considerati strani perché mangiavano meno pasta e avevano un dialetto completamente diverso da quello degli altri.
Veniamo a lei. Cosa ricorda del suo primo viaggio in Italia?
Arrivai a Como, volevo vedere dove erano nati e cresciuti i miei nonni. Mi ospitarono alcuni parenti di Cantù, mi sembra. Erano benestanti, avevano anche dei possedimenti in Libia, e ricordo che la cosa mi aveva molto impressionato. Di Como conservo un’immagine bellissima: il lago, le montagne. Mi chiedevo perché mai qualcuno avrebbe dovuto volersene andare da un posto del genere. Infatti, alla fine, mio padre ci è tornato ed è morto lì. Quando posso vado a trovarlo al cimitero.
Parliamo di lavoro. Sulla sua rivista compaiono i personaggi più influenti della scena politica, sociale e artistica del mondo. Cosa, secondo lei, rende grande il New York Times Magazine?
Il reportage. Le grandi storie che raccontiamo ogni settimana. Siamo uno dei pochi supplementi ad avere ancora inviati e corrispondenti nei posti dove accade qualcosa di giornalisticamente rilevante. Questa è la parte del mio mestiere che amo di più e che la gente sembra continuare ad apprezzare. Il reportage non morirà mai.
Lei è molto attivo anche sul web. Scrive su blog e siti molto seguiti dal pubblico americano. Penso a Gawker, a Slate.
Il web è divertente ed è straordinariamente comunicativo, veloce ed immediato. Mi piace perché posso parlare di qualunque cosa, di argomenti un po’ da nerd che mi appassionano: tecnologia, musica. Però, se proprio devo essere sincero, non c’è niente di più bello che sedersi in veranda la mattina con un bel magazine tra le mani e una tazza di caffè nero. A volte mi sento così old fashioned!
Dall’America, che lettura dà delle vicende politiche italiane? In particolare, come vede il "caso" sollevato da escort e party a Palazzo Grazioli, ospiti del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi?
Penso - conclude il direttore del New York Times Magazine - che la politica italiana dovrebbe occuparsi di più della recessione economica e della disoccupazione piuttosto che degli affari privati del primo ministro.

Maria Caspani

venerdì 9 ottobre 2009

NOBEL

eccoci a commentare la scelta dei Nobel. Ma se non mi metto a discutere su quello alla medicina, alla chimica, alla letteratura ecc perchè non sono minimamente competente, qualche cosa sa obiettare sulla scelta del nobel per la pace ce l'avrei.

Perchè? Perchè quest'anno la scelta è caduta su Barack Obama.
E anche se mi piace quest'uomo perchè è intelligente, educato e preparato ritengo che sia una forzatura.
Ho fiducia in lui, credo che potrà fare grandi cose, ma il Nobel dovrebbe essere assegnato per cose che sono già state fatte...non si può darlo alle intenzioni.

Per questo dico: NON E' UN PO' PREMATURO?
In fondo non è nemmeno un anno che è presidente Usa, e non ha fatto granchè fino ad ora a parte l'aver rinunciato allo scudo spaziale (la trattativa con l'Iran x me non vale, almeno finchè non avrà dato risultati).
E poi darglielo giusto dopo che qualche giorno fa si è rifiutato di incontrare il Dalai Lama per non compromettere i rapporti con la Cina in vista della prossima visita ufficiale a Pechino è assurdo.
Non la capisco proprio questa scelta.

In ogni caso Good Luck Mr. President! Speriamo che questa onorificenza sia di buon auspicio.

sabato 3 ottobre 2009

IO C'ERO!!

ore 15.30 a Porta Torre a Como, manifestazione in sostegno della libertà di stampa. Io c'ero, e sono orgogliosa di poterlo dire. Cappelli di carta, fatti con le pagine di quei giornali che ancora ci ostiniamo a difendere, come simbolo di partecipazione. Nessuna bandiera, solo il manifesto della FNSI, e uno striscione con lo slogan della protesta comasca: la stampa serve, NON serva.
Difendiamo un nostro diritto di cittadini, difendiamo la nobiltà di una professione, difendiamo la dignità e l'onore di uno stato che ancora vuole dirsi civile.

L'articolo di ecoinformazioni sulla manifestazione


Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo.
(Johann Wolfgang Goethe)

La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire.
(George Orwell)