venerdì 11 settembre 2009

RABBIA E SPERANZA: VINCERE LA MAFIA E MORIRE DI STATO

Questo paese è strano e molti, come me, hanno smesso di scervellarsi sul perchè e il per come di tante cose. Ma non è indifferenza: non è vero che siamo un popolo di disillusi o di menefreghisti. Al massimo ci si può accusare di eccessivo realismo. Appartengo a una generazione che è solo stufa di sentire tante chiacchiere, che è stanca di veder giocare a "scaricabarile", che non ne può più di sentire, e vedere, tutto e il contrario di tutto.
E non mi importa se tanti ci considerano apatici, perchè in realtà sappiamo arrabbiarci e indignarci. E appassionarci, ovviamente.
Mi indigno, per esempio, nel leggere che un comune della bergamasca ha deciso di cambiare il nome alla biblioteca comunale togliendo la targa a Peppino Impastato, giovane siciliano ucciso dalla mafia nel '78. Il motivo? Boh. Ufficialmente è quello di "valorizzare personalità locali". Niente di male di per sè, mica voglio contestare l'idea. Anzi, trovo più che giusto avvicinare la gente alla propria storia e alla propria realtà. Ma non capisco perchè una cosa debba escludere l'altra. Non potevano lasciare l'intitolazione della biblioteca a Peppino Impastato e dedicare al parroco locale un'altra cosa?
A me suona tanto come uno schiaffo al ricordo di una persona che ha dato la vita per la legalità e per lo Stato. Quello stesso Stato di cui questo sindaco leghista è rappresentante (sigh!).
Ora, non vorrei cadere in becere congetture, ma non è che in un comune leghista l'essere "terrone" è una colpa tanto grave da non essere tollerata nemmeno se si è dato la vita per una nobile causa?? Spero di no, perchè altrimenti è veramente arrivato il momento di fare i bagagli e andare via. Magari in un paese dove non associno Italiano=mafioso (senza distinzione per regioni, si intende).
Leggo questa notizia sul Corriere, su Repubblica, sul quotidiano online BergamoNews (che tra l'altro ha il link con la copia della delibera comunale) e mi sale la rabbia. Non solo per il fatto in sè, ma perchè se penso che se non si riesce a mettersi d'accordo (tutti, destra e sinistra) nemmeno su una figura come quella di Peppino, allora siamo veramente messi male.
Mi arrabbio, ma subito dopo sorrido e penso che non è tutto finito, che non sta andando tutto a rotoli. Mi viene in mente la faccia di Pietro Grasso, Procuratore nazionale antimafia e giudice a latere nel maxi processo del 1986 contro Cosa Nostra. E ricordo le sue parole, che ho ascoltato giusto ieri sera in un incontro in piazza. Ha parlato del suo lavoro, della collaborazione con Falcone e Borsellino; ne ha ricordato l'impegno, l'amore per quella professione alla quale anche lui si sente profondamente legato. Il giudice, parole sue, ha una "utilità sociale e deve perseguire la verità". E soprattutto deve "fare le cose indipendentemente dal risulato". Detto in parole povere, fare quello che si crede giusto anche se gli altri rinnegheranno le tue scelte, anche se cancelleranno con un colpo di spugna il risultato del tuo sacrificio. Anche se cancelleranno senza rispetto il tuo nome da una targa.


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